INTERVISTA A FIAMMA NIRENSTEIN (a cura della redazione di Canal)
- Canal5779
- 8 apr 2019
- Tempo di lettura: 7 min
Fiamma, su Israele si è detto e si continua a dire di tutto riconoscendolo come un Paese a parte nel bene o nel male. Proviamo allora a definirne alcuni aspetti secondo la tua prospettiva. Innanzitutto, credi che la sua fondazione appena settant'anni fa contribuisca a conferirgli un carattere che fatalmente non si può accomunare a quello della maggior parte degli altri Stati?
La storia di Israele è molto più lunga di quella della sua moderna rinascita.
Il popolo ebraico prega rivolto a Gerusalemme da migliaia di anni, ha sempre avuto ben presente la configurazione geografica della storia di Israele e la sua memoria storica è antichissima.
Alcune delle colonne del passato sono state confermate in epoca contemporanea e fra queste, oltre al ruolo di Gerusalemme, la lingua ebraica che venne disegnata da Eliezer Ben-Yehuda ben prima che si disegnassero i confini dello Stato trasformandosi immediatamente in un elemento di identificazione.
La Terra di Israele poi è descritta in una serie infinita di testi, anche degli antichi Greci e Romani, non solo nella Bibbia: in molti di essi si può leggere dove sono e cosa fanno gli ebrei nella storia, quali sono le loro città, prima fra tutte Gerusalemme ma anche altre basti pensare ad Acri (rispetto alle Crociate) o a Hebron che è citata nella Bibbia. Quest'ultima ricorre tante volte nella storia ebraica e talora purtroppo anche in maniera tragica. Prima della fondazione di Israele, nel 1929 là avvenne una strage di ebrei. La Bibbia parla sovente anche di Gush Etzion, da cui venne il re David, che in tempi moderni fu strappato agli ebrei e che ora è di nuovo nostro.
Pensi che si possa identificare un filone comune nella politica di Israele, dal 1948 a oggi, nonostante sia stato retto da governi di indirizzo diverso?
Certo: esso è la difesa della vita delle persone che vivono nei suoi confini.
Nel 1948 la aggredirono tutti i paesi arabi, e non solo quelli circostanti, fino all'Iraq... Israele accettò la partizione stabilita dall'ONU mentre i palestinesi guidati dal loro mufti amico di Hitler la rifiutarono.
Un dato storico continuativo è anche la difesa dal terrorismo, che colpisce ovunque, per strada e negli autobus, e ha già fatto migliaia di vittime civili, fin dal principio, grazie a un esercito che è di popolo ed etico.
Anche l'esercito è un elemento unificante, nato per la difensa dei cittadini perché Israele non ha mai attaccato per primo: è un esercito di popolo, fatto di ragazzi che non hanno alcuna cultura bellicistica e che si attiene a una regolamentazione morale molto stretta: ogni soldato porta in tasca un libretto, il Codice di Condotta scritto dal professor Asa Kasher, che fissa i punti essenziali del comportamento militare: dalla salvaguardia della dignità umana a quando è permesso sparare e quando no.
Oltre alla difesa, tutti i governi, di destra e di sinistra, hanno anche sempre lavorato per spingere alla coltivazione della terra e alla ricerca scientifica che ha portato a importantissime scoperte poi condivise con tutto il mondo.
Come definisci la società israeliana, costituita com'è da cittadini di origini e credo (se ce l'hanno) diversi come in pochi altri Paesi oltretutto spesso immensamente più vasti?
È una società incredibilmente pluralistica, in cui senti parlare tutte le lingue per la strada, nei negozi, a scuola o all'asilo, in cui si mescolano tutti i costumi, si mangiano tutti i tipi di cibo.
È una società molto colorata, davvero mondialistica, in cui però c'è qualcosa che non c'è negli altri Paesi che hanno anch'essi una forte immigrazione e cioè uno scopo comune, il Sionismo, e in cui ci sono un enorme rispetto reciproco e l'idea che la mia vita dipende dalla tua.
Tutti i colori, le culture e le razze sono legati dalla scelta di vivere qui abbandonando la vecchia nazione e a volte anche la famiglia d'origine.
Un elemento culturale e sentimentale vincente è senz'altro la musica: le canzoni e le melodie che tutti conoscono e cantano sono patrimonio di massa.
Quali sono a tuo giudizio i capisaldi dell'identità israeliana?
Il pluralismo senz'altro è molto importante.
Anche la democrazia, senza cui il Paese è perduto. Israele è furiosamente e tenacemente democratico, come nessun altro Paese in guerra: nonostante lo scontro continuo e l'esercito sempre mobilitato, il Parlamento, la Corte Suprema che è importantissima, la giustizia, la polizia, i giornali, tutto continua a funzionare senza ordini dall'alto.
Un altro tratto saliente lo potremmo intitolare 'poche storie'. La mentalità generale insegna che bisogna stare tranquilli e avere sempre coraggio. Pensa a una mamma il cui figlio è a Hebron in un'unità speciale oppure deve combattere sul confine con Gaza, pensa ai ragazzini di diciott'anni che stanno ai check-point e non sanno se la macchina che gli si sta avvicinando è imbottita di tritolo o no.
Quali sono invece i punti di forza dell'innegabile e costante sviluppo del Paese?
Il punto di forza è la creatività che nasce dalla necessità. Se leggi The Start-Up Nation, in cui si riconosce Israele fra le prime due o tre nazioni al mondo per sviluppo, per scoperte mediche, scientifiche e tecnologiche, anche informatiche, vedrai come molto è legato all'esperienza che i ragazzi fanno nell'esercito. La difesa porta a fare tante invenzioni diverse: pensa al sistema di difesa missilistico che gli Stati Uniti ci hanno appena comprato, il cosiddetto Scudo d'Acciaio che consente di creare una sorta di 'cappello' per bloccare i razzi che vengono sparati per esempio da Gaza. Ecco, quando si tratta di sopravvivere l'inventiva è fondamentale.
Una ricchezza evidente è che il paese è molto giovane, ha un altissimo tasso di natalità, e i ragazzi vogliono fare, sperimentare, scoprire, ma hanno anche voglia di passare finalmente dei momenti sereni. Per esempio c'è il famoso viaggio che si fa al termine dei tre anni di servizio militare, un periodo durissimo, e molti giovani se ne vanno per alcuni mesi per vedere com'è il mondo.
Cos'ha Israele in più rispetto ad altri Paesi? E cosa, eventualmente, di originale e unico?
Di unico per esempio ha che in pochi chilometri quadrati ha tutti i paesaggi e i climi di tutte le latitudini del mondo, dal monte Hermon dove c'è la neve fin giù al deserto del Negev coi suoi 50 gradi di temperatura. Una visita turistica qui è una visita turistica completa.
C'è qualcosa che si potrebbe migliorare in Israele, oggi?
Per esempio come si guida. Si guida male, in modo prepotente.
Inoltre i ragazzi quando viaggiano sono rumorosi ed eccitati, vogliono recuperare il divertimento rispetto alle difficoltà della loro vita. Per un periodo sono stata direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura e ho organizzato corsi di cultura molto europea, di restauro, di storia dell'arte, ma avevo invitato anche dei vetrinisti... il buon gusto andrebbe migliorato.
Ecco, poi mi piacerebbe che in Israele ci fosse maggior attenzione per la cultura classica, per la letteratura comparata, la filosofia. Certo, si bada molto alla storia di quest'area, la storia ebraica e d'Israele, ed è comprensibile, ma sarebbe bello che ci fosse maggiore universalismo.
Dovessi spiegare a chi non conosce o non capisce Israele qualcosa in grado di illuminarlo a riguardo, cosa sceglieresti?
Gli vorrei dire che quasi tutto quel che si dice su Israele sono balle. Israele è assediato dalla propaganda che è antisemita prima ancora di essere antisraeliana perché chi attacca Israele non può sopportare che gli ebrei finalmente abbiano il loro Stato.
Una delle accuse è quella di apartheid, quando invece il paese è un assoluto melting pot: negli ospedali ci sono israeliani e arabi uno accanto all'altro e i medici che li curano sono israeliani e arabi, lo stesso pluralismo c'è alla Knesset con parlamentari ebrei e arabi, la stessa mescolanza c'è nei centri commerciali. Una stupidaggine più grande non la si potrebbe dire.
Altra balla, il presunto genocidio perpetrato da Israele: i palestinesi in principio erano intorno ai cinquecentomila mentre ora sono più di due milioni, e mi riferisco solo a quelli che stanno qui in Israele, quindi come genocidio è molto mal riuscito... Sono tutte accuse totalmente ridicole che però hanno preso piede.
Altra assurdità: che Gerusalemme non sarebbe mai stata degli ebrei, cosa dell'altro mondo, con l'Unesco che ha dichiarato che sarebbe un retaggio dell'umanità legato solo alla storia del mondo arabo. Sono cose che dovrebbero far rizzare i capelli in testa a ogni persona ragionevole!
Qual è la tua più grande passione legata a Israele?
Viaggiare per Israele. Per esempio in questo periodo c'è la fioritura. Dopo un inverno duro, adesso tutti i fiori sbocciano e ce ne sono di tutte le qualità. È fantastico il Sud Rosso, così chiamato perché è tutto coperto di papaveri, poi c'è un'altra zona che invece è coperta di fiori azzurri, meravigliosi.
È commovente vedere come Israele, un tempo tutta pietre come scrive Mark Twain, è fiorita grazie agli ebrei, perché prima era tutto un deserto. Qui è vietato cogliere i fiori quindi la gente va apposta in gita per guardarli e fotografarli lasciandoli dove sono.
Infine, com'è cambiata la tua vita da quando ti sei trasferita in Israele?
La mia vita è cambiata tantissimo, qui è molto diversa da quella che faccio in Italia. Diciamo che mi piacciono molto tutt'e due, io rimango molto italiana e molto fiorentina, fin dentro il midollo.
Amo quello che il mio babbo e la mia mamma mi hanno insegnato, cioè amare l'arte e la storia europee, le cerco sempre dappertutto, e in Italia c'è molto di più.
Qui però per esempio c'è tanta musica, c'è la famosa Orchestra Filarmonica di Tel Aviv. Ai tempi della guerra con Saddam Hussein, che sparava missili su Tel Aviv, andai a Gerusalemme dopo che uscì la famosa fotografia che ritraeva il pubblico a un concerto seduto con la maschera antigas: andai a intervistare Zubin Mehta, il direttore d'orchestra, e mentre suonò l'allarme uscimmo sulla terrazza dell'Hilton e lui mi disse che non sarebbe andato nel rifugio ma sarebbe invece rimasto fuori, per vedere cosa accadeva: una grande dimostrazione d'amore e di sfida.
Ma per concludere voglio dirti un'altra cosa. Io sono figlia di sopravvissuti della Shoah, il mio babbo polacco e la mia mamma fiorentina, mentre purtroppo gran parte delle loro famiglie è stata sterminata. È meraviglioso: mio padre raggiunse Israele fortunosamente, mi ha raccontato che costruivano le strade con le mani, spaccavano le pietre e mangiavano solo banane, dormivano nelle tende... mi guardo intorno e penso a quale miracolo Israele è riuscito a fare risollevandosi in modo magico fino ad arrivare a essere il paese democratico e avanzato che è nel mentre deve combattere una guerra di sopravvivenza. Insomma, deve tutto allo spirito della sua gente, del popolo ebraico, e dei suoi sostenitori. C'è una canzone qui che dice proprio così: 'Non a causa della forza ma a causa dello spirito'.
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